La leucoplachia, secondo la definizione dell’OMS, è una placca bianca non caratterizzabile in un’altra condizione né da un punto di vista clinico né da un punto di vista istopatologico. Da questa definizione si deduce che la diagnosi definitiva della leucoplachia si basa sulla esclusione di altre lesioni della mucosa orale che hanno un aspetto similare. Per esempio se una determinata lesione bianca e’ riferibile a lesioni ben definite come il lichen planus, il leucoedema, ecc allora non è più possibile etichettarla con il termine di leucoplachia. E’ importante sottolineare che il termine leucoplachia ha un uso solo clinico e che non riflette le alterazioni istologiche presenti nella lesione quindi, in quanto tale, non deve essere usato nella descrizione di reperti istopatologici. La leucoplachia è considerata una lesione precancerosa perché presenta, rispetto alla mucosa normale, una maggiore potenzialità di trasformazione neoplastica maligna.
La leucoplachia è una delle lesioni bianche più frequenti della mucosa orale. Si osserva in circa il 3% di individui adulti. Mostra una netta preferenza per il sesso maschile con l’eccezione di alcune aree geografiche, per esempio India e Pakistan, dove anche nelle donne si riscontra un forte consumo di tabacco. La leucoplachia si osserva soprattutto in individui sopra i 40 anni con un picco di maggiore prevalenza intorno ai 60 anni. In meno dell’1% dei casi la leucoplachia si osserva in soggetti di età sotto i 30 anni; intorno a 70 anni la prevalenza e’ di circa l’8%.
Il fumo, la masticazione del tabacco e l’abuso di sostanze alcoliche sono le cause più frequenti della leucoplachia. Nei paesi del Sud Est Asiatico il fumo di sigaretta, la masticazione delle foglie di betel insieme a tabacco, noce di areca e altri ingredienti causano la comparsa della fibrosi sottomucosa, di leucoplachie e del carcinoma orale. Vi e’ comunque un certo numero di casi di leucoplachia in cui non è possibile identificare alcuna causa. Oggetto di discussione è il ruolo eziologico della C.albicans e dell’HPV che comunque rimane incerto in quanto la presenza di questi patogeni nelle lesioni leucoplasiche può essere semplicemente il risultato di una superinfezione senza avere quindi una relazione causale. In passato è sempre stato invocato un possibile ruolo del trauma nella genesi della leucoplachia (e anche del carcinoma orale!) che comunque non e’ mai stato scientificamente dimostrato; si ricorda inoltre che una storia positiva di trauma è un motivo di eliminazione (per definizione!) della diagnosi di leucoplachia. Recentemente, negli Stati Uniti, e’ stata descritta una forma particolare di leucoplachia, con sede sul vestibolo superiore, causata dall’uso di colluttori che contengono estratti della sanguinaria.
Vi sono studi che hanno riscontrato nelle leucoplachie delle alterazioni molecolari che possono avere un valore predittivo ai fini della trasformazione maligna. Per esempio la perdita di eterozigosità (significa la perdita di materiale genomico in uno dei due cromosomi di una coppia) sui due bracci cromosomici 3p e 9p sembra essere correlata con un’alta percentuale di trasformazione maligna; anche mutazioni del gene della proteina p53, che svolge una azione soppressiva sulla replicazione cellulare, agirebbero in tal senso anche se le evidenze non sono conclusive.
Le sedi più comuni sono la mucosa vestibolare, il pavimento, la zona retrocommissurale, i bordi laterali e il ventre linguale e la gengiva. Le lesioni presenti sui margini linguali, sul pavimento orale e sul labbro inferiore sono tra quelle a maggior rischio di trasformazione e tra quelle che, alla biopsia, mostrano una maggiore frequenza di alterazioni displastiche. La leucoplachia presenta una predominanza di colore bianco perché l’incremento dello strato di cheratina (ipercheratosi) maschera il colorito roseo dei vasi presenti nella sottostante lamina propria. Quando la lesione assume un colore misto (bianco e rosso) prende il nome di leuco-eritroplachia o eritro-leucoplachia.
Si distinguono tre forme cliniche principali di leucoplachia: la piana omogenea, la verrucosa e la fissurata disomogenea (leuco-eritroplachia). Nella forma piana omogenea si osserva una placca bianca con una superficie piana e regolare. Istologicamente queste forme sono caratterizzate da un ispessimento dello strato superficiale di cheratina (iper-orto- o iper-paracheratosi). Nella forma verrucosa la superficie della lesione è irregolare e presenta delle propaggini bianche. L’aspetto clinico è sostenuto da un corrispettivo microscopico caratterizzato da intensa cheratinizzazione e ispessimento dello strato spinoso (acantosi). Nella forma fissurata disomogenea si osserva una superficie irregolare con aree bianche alternate ad aree rosse. In questi casi la biopsia può evidenziare vari gradi di displasia o un carcinoma in situ o un carcinoma invasivo. E’ utile sottolineare che gli aspetti clinici sono molto importanti al fine di valutare se una determinata lesione sia già in fase di trasformazione maligna. Elementi importanti sono l’aspetto verrucoso, lo spessore e la presenza di una componente di colore rosso (leucoplachia con una base rossa e punteggiatura bianca- “speckled” in lingua inglese); tutti questi elementi indicano la presenza quasi certa di displasia o di un carcinoma invasivo.
Al microscopio ottico la leucoplachia presenta un ampio spettro morfologico che varia dalla semplice iper-orto-cheratosi o iper-paracheratosi e acantosi alla displasia lieve, moderata o severa fino al carcinoma in situ o invasivo. Le percentuali di alterazioni displastiche o maligne variano, a seconda degli studi, dal 15% al 40% circa. La leucoplachia localizzata sul pavimento orale è quella che presenta la percentuale più alta ( 43%) di alterazioni displastiche o maligne. Per le lesioni linguali e del labbro inferiore la percentuale è intorno al 25%.
Il concetto di displasia epiteliale implica una graduale trasformazione neoplastica dell’epitelio caratterizzata morfologicamente dalla comparsa di alterazioni cellulari e architetturali. Le alterazioni cellulari, che possono essere di vario grado e tipo, e sono commiste alle alterazioni dell’architettura epiteliale. Le alterazioni cellulari più comuni sono: pleomorfismo nucleare, nuclei ipercromatici, nucleoli prominenti, cellule multinucleate, aumento dell’attività mitotica, mitosi atipiche e alterato rapporto nucleo/citoplasma. Le alterazioni architetturali principali comprendono: alterazione della maturazione dei cheratinociti, iperplasia delle cellule basali e creste epiteliali di aspetto bulboso.
La displasia può essere presente in tutte le forme di leucoplachia indipendentemente dalla benignità dell’aspetto clinico della lesione e tende a progredire dalle forme lievi a quelle gravi, specie se non vengono rimosse le cause predisponenti.
Si ritiene che le forme lievi di displasia possono regredire dopo la rimozione dei fattori promuoventi (quando identificabili: per esempio il fumo!), mentre le forme moderate e gravi in genere tendono a progredire verso la trasformazione in carcinoma. Bisogna comunque sottolineare che, nella pratica clinica quotidiana, il riscontro bioptico della displasia, in una determinata lesione, non significa che quella lesione obbligatoriamente si trasformerà in un carcinoma. In realtà, in questi ultimi anni, il significato della displasia è stato messo in discussione proprio per le incertezze che riguardano il suo significato prognostico. Ciò deriva dalla mancanza di criteri diagnostici obiettivi che permettano una valutazione certa della presenza/assenza della displasia e del grading (basato sulle variazioni citologiche e architetturali). Per questa ragione, oggigiorno, sono diventati oggetto di intenso studio le caratteristiche biologiche molecolari di queste lesioni che potrebbero dare, in aggiunta alla valutazione clinica e istopatologica, delle informazioni di maggior valore obiettivo e predittivo sul rischio di trasformazione maligna.
La biopsia della leucoplachia è sempre obbligatoria in quanto anche le lesioni di aspetto clinico innocente possono nascondere una displasia grave o un carcinoma. Nel caso di lesioni di ampie dimensioni è prudente fare delle biopsie multiple, cercando di non tralasciare le zone di aspetto verrucoso o le aree in cui predomina il colorito rosso. Come mezzo diagnostico aggiuntivo è utile usare il blu di toluidina, un colorante vitale affine per gli acidi nucleici, che permette l’identificazione delle aree a maggior rischio. È importante ricordare che la leucoplachia può essere facilmente confusa con una serie di lesioni bianche della mucosa orale che non hanno un significato precanceroso.
Il rischio di trasformazione neoplastica della leucoplachia varia dal 4 al 17%. Gli studi iniziali, condotti nel decennio 1967-77, sia in Europa che negli Stati Uniti , mostravano un percentuale di trasformazione tra il 3 e il 6%; negli studi più recenti invece si sono evidenziate delle percentuali più alte. Le variazioni dipendono da numerosi fattori tra cui le popolazioni studiate, i fattori di rischio in causa e le metodologie impiegate. Sebbene la leucoplachia sia più frequente negli uomini che nella donne, diversi studi hanno evidenziato che nel sesso femminile la leucoplachia ha un maggior rischio di trasformazione neoplastica. Vi sono dati che dimostrano che la leucoplachia del paziente non fumatore ha un maggior rischio di trasformazione rispetto al fumatore.
Per gli aspetti terapeutici fare riferimento ai testi specialistici.